i formaggi, i prodotti derivati dal latte, che seguono un percorso bio

Dal punto di vista nutrizionale il latte è uno degli alimenti più importanti della dieta umana, nell’età dello sviluppo ovviamente, ma anche nel prosieguo visto il contenuto di proteine, calcio e vitamina A. Proprio per questo è anche uno dei prodotti più controllati, a partire dal trattamento di pastorizzazione che viene effettuato per eliminare i microrganismi in esso contenuti, preservandone le Caratteristiche organolettiche.
Altre insidie, però, e ben più subdole, possono presentarsi sotto forma di residui chimici di derivazioneagricola e atmosferica. Il latte, per sua natura, è veicolo di una serie di sostanze liposolubili, che cioè possono sciogliersi nei grassi. Tra esse ve ne possono essere di indesiderate: la più nota e temibile è la diossina, composto altamente tossico e cancerogeno, che talora deriva da combustioni incontrollate; la sua diffusione nell’ambiente comporta, seguendo la catena alimentare, una concentrazione nei depositi di grasso degli animali superiori. È questo uno dei motivi dell’eliminazione dei mangimi di origine animale dalla dieta dei bovini da latte e da carne in favore della dieta rigorosamente vegetale che è uno dei fondamenti della zootecnia biologica. Come pure i1 fatto che le aziende biologiche non possano trovarsi nelle vicinanze di impianti industriali o inceneritori, principali sospettati della diffusione della diossina nell’atmosfera, Quanto detto del latte, vale a maggior ragione per il burro e i formaggi, specie quelli grassi, a motivo della concentrazione che comporta la loro lavorazione. Si è detto della diossina ma il discorso va allargato a tutte le sostanze che vengono escluse dall’approccio biologico; vale a dire preparati veterinari convenzionali, stimolanti e quant’altro, ivi comprendendo nel caso di latticini e formaggi, l’aggiunta di sostanze antifermentative o antimuffa.
Dal punto di vista tipologico, una doverosa considerazione riguarda i prodotti da latte ovicaprino, che hanno avuto un notevole stimolo dalla progressiva crisi vissuta dal settore bovino, prima per l’invasione del mercato di prodotti della più disparata provenienza, con tutte le inquietudini del caso, poi per l’introduzione di ‘quote latte’ restrittive, che limitavano pesantemente ogni nuova iniziativa, infine per la generale incertezza legata all’emergenza sanitaria della Bse o ‘mucca pazza’ che dir si voglia. Pecore e capre, al contrario, specie per chi voleva fare del biologico, offrivano un mercato in promettente espansione tanto nelle produzioni di formaggi di pronto consumo quanto nei prodotti da invecchiamento che si prestavano a elaborazioni particolarmente apprezzate dai buongustai, memori delle analoghe é rinomate specialità francesi; il riferimento è per gli erborinati come pure dei formaggi al tartufo o stagionati in vario modo, in fossa, in foglia di noce o di fico, nelle vinacce o nella cenere per citare solo alcune delle idee mutuate dalla nostra tradizione. Un successo commerciale, dunque, non disgiunto dal beneficio di restituire dignità produttiva, sotto il segno del biologico, a quegli ambiti collinari e montani che sono stati per secoli le terre più adatte alla pastorizia.
